• 27/05/2020

#TeacherExperiences: DAD, promossa o bocciata?

Anche questa settimana la rubrica #TeacherExperiences continua a pubblicare i contributi degli insegnanti di inglese di tutta Italia. Oggi, la Professoressa Alessandra Paoli dell’I.S.I. Piaggia di Viareggio, condivide con noi alcune riflessioni, tirando le somme di questi ultimi mesi di didattica.

Negli ultimi mesi, a seguito dell’emergenza Covid-19, abbiamo sentito e letto veramente di tutto riguardo alla didattica a distanza (prontamente abbreviata in DAD), con cui ogni istituzione scolastica, seppure con modalità e tempistiche diverse, ha portato avanti la propria missione di garantire il diritto/dovere all’istruzione dei nostri ragazzi.

Appare chiaro che fare DAD non significa necessariamente fare lezione sincrona in videoconferenza, riproducendo gli scenari tipici delle lezioni in presenza, anzi, è vero il contrario. Ci sono svariate possibilità di raggiungere e motivare i propri studenti, basta tenere a mente che occorre una buona programmazione della lezione e poi stabilire task precisi, ragionevoli, scadenze non troppo pressanti, senza dimenticare di fornire sempre il necessario supporto agli studenti.

Adesso che l’anno scolastico sta per concludersi, proviamo a valutare questa modalità: promossa o bocciata?

Io dico promossa! E a pieni voti! Voglio condividere il perchè, basandomi su quella che è stata la mia esperienza nelle cinque classi di Liceo Scientifico in cui insegno.

1. Perché è flessibile.

La DAD opera con modalità che rispondono in modo adeguato alle caratteristiche di differenziazione e individualizzazione del curricolo, si adatta alle esigenze dello studente, si esprime attraverso moduli superando il modello lineare e cumulativo; riorganizza i saperi disciplinari passando dalla rigida sequenzialità dell'istruzione tradizionale a un sistema di formazione a tutto tondo. Con gli studenti di prima liceo per esempio, lavorare da remoto mi ha permesso di raggiungere tutti i ragazzi, anche quelli con difficoltà tecniche, mettendo a disposizione sulla piattaforma didattica di WeSchool tutorial, messaggi chiarificatori, materiale differenziato per livelli non solo per sopperire alle carenze di alcuni studenti, ma anche per favorire la crescita di quelli più preparati, che chiedono di essere impegnati in qualcosa di diverso dalla “solita” lezione. Il web offre un'ampia gamma di strumenti e la tecnologia, se ben sfruttata, diventa un ausilio non indifferente. Ho scoperto qualità negli studenti in questi due mesi che non avevo notato in presenza, proprio perché le diverse modalità di espressione e comunicazione hanno permesso a ragazzi più timidi e impacciati di esprimersi secondo i canali a loro più congeniali: infografiche, etichette adesive su una board, audio registrati, video-riassunti.

2. Perché è inclusiva.

Nella mia esperienza con la DAD con i ragazzi certificati con disturbi dell’apprendimento o lievi deficit cognitivi ho potuto constatare un generale miglioramento dei risultati, prima di tutto perchè è molto diminuita l’ansia da prestazione dovuta al vivere la classe in presenza e il giudizio dei pari e in secondo luogo perché hanno potuto far ricorso a tutti quegli ausili che la tecnologia mette a disposizione per facilitare la lettura, la scrittura e la fruizione (risorse dei libri digitali, lettore vocale, funzioni di zoom, sottolineatore, evidenziatore, correttore ortografico, ecc.).

Acquistando maggiore fiducia in se stessi, hanno partecipato con più convinzione alle lezioni e sono risultati tra i più i puntuali nel rispettare le consegne. Inoltre, con la collaborazione del docente di sostegno, è stato possibile creare un percorso virtuale ad hoc, con la possibilità di dedicare più “attenzione” a questi ragazzi e di mantenere allo stesso tempo un contatto diretto, anche attraverso la chat privata della piattaforma didattica, cosa che nelle classi molto numerose spesso è materialmente impossibile.

3. Perché è accessibile.

Se è vero che la didattica deve portare allo sviluppo delle competenze per la vita, è indubbio che quelle digitali abbiano finalmente avuto in questi mesi la dovuta attenzione. Le difficoltà tecniche di molti studenti / docenti soprattutto legate alla scarsa copertura della banda larga sul nostro territorio, hanno richiamato l’attenzione non solo degli addetti ai lavori, con misure di investimento da parte dei Ministeri competenti ma portato tutta l’opinione pubblica a una riflessione. Occorre intervenire per ridurre il divario digitale: chi è escluso dal digitale, infatti, é impossibilitato a esercitare pienamente i suoi diritti di cittadinanza attiva, ne perde i vantaggi con un evidente danno socio-economico e culturale. Chi è vittima del digital divide, appartiene spesso a un ceto sociale già svantaggiato e il rischio è quello di entrare in un circolo vizioso di crescente disuguaglianza ed esclusione. La scuola in questo frangente può e deve agire, la nostra ha fornito ai ragazzi con difficoltà dispositivi, chiavette e personale tecnico; docenti e studenti hanno aiutato i genitori ad accedere alle risorse del registro elettronico e delle piattaforme. Se agli studenti vengono fornite le chiavi per sfruttare in modo consapevole e proficuo le potenzialità della rete, si mettono le basi per un progressivo superamento di questo gap tecnologico.

4. Perché è trasversale.

La didattica a distanza è sempre trasversale perché mette in campo contemporaneamente più competenze che attengono ad ambiti cognitivi, realizzativi, organizzativi, relazionali e comunicativi diversi.

I miei studenti di quinta hanno lavorato su più fronti nel preparare il loro colloquio di esame, hanno preparato ad esempio un sito web per approfondire e riflettere insieme su un argomento di letteratura utilizzando diverse tecniche espressive non solo linguistico-culturali ma anche iconiche e simboliche, quelli di quarta si sono cimentati in sondaggi di gradimento, comparazione e rating, sfruttando dinamiche che già conoscono per averle usate sui social. Questi interventi hanno permesso anche agli studenti “bloccati” di liberare le proprie energie e riattivare la loro creatività, favorendo un percorso di crescita e consapevolezza personale, oltre a motivare loro e anche me stessa, come loro docente.

Mi piace concludere ricordando che insegnare con la DAD non è una scelta che esclude e si sostituisce alla didattica in presenza, come da molti paventato. In realtà le due modalità sono ancora più efficaci se coesistono e si intersecano proficuamente, permettendoci così di formare i nostri studenti come cittadini responsabili del futuro.

Autore: Alessandra Paoli - Docente, Viareggio

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